CUM NE PREGATIN NOI DE REFERENDUM???

CUM NE PREGATIN NOI DE REFERENDUM???
http://www.timpul.md/articol/cum-ne-pregatim-noi-de-referendum-14868.html

martedì 26 maggio 2009

Penitenziario numero 13

25.05.2009 scrive Paolo Bergamaschi*

Chişinău La missione del Parlamento europeo a Chişinău dopo la rivolta di aprile. L'inchiesta, le testimonianze e le voci degli arrestati. La diatriba sul voto, la posizione dei moldavi all'estero.
Contrariamente a quanto avviene con le altre repubbliche dell’ex Unione Sovietica, i collegamenti fra la Moldavia e l’Italia sono comodi e veloci. Non c’è bisogno di scali intermedi in qualche hub dell’Europa centrale: ci sono voli diretti per Chişinău da Milano, Roma e Verona. Pochi sanno che il nostro paese ospita la più grande comunità moldava all’estero. Te ne accorgi la domenica pomeriggio, quando nel giorno di riposo catturi qualche parola di chiara origine latina fra le badanti che vanno a passeggio nei giardini semi-deserti dei nostri centri storici, oppure in campagna fra i braccianti durante la raccolta di meloni, angurie e pomodori. Sono 132.000 i cittadini moldavi registrati ufficialmente in Italia, ma si presume che fra stagionali, ricongiungimenti familiari, e immigrati illegali il numero reale sfiori i 300.000. Le statistiche indicano, da qualche anno, la Moldavia come il paese più povero del vecchio continente. Un quarto della popolazione, un milione di persone circa, vive fuori patria contribuendo in maniera decisiva con le proprie rimesse alla sopravvivenza del paese.
C’è ressa all’aeroporto Catullo. Il volo per Chişinău è esaurito in ogni ordine di posti; in Moldavia ricorre la festa dei morti e chi può approfitta dell’occasione per far ritorno al paese di origine. Vedendomi con solo uno zainetto sulle spalle, la signora bionda che mi precede al check-in mi supplica di registrare a mio carico uno dei tanti bagagli che vorrebbe portare con sé. Accetto, ovviamente, di buon grado. Risiede da qualche tempo in provincia di Verona, dove svolge le mansioni di badante. In patria l’aspetta la famiglia, che vive a pochi chilometri dalla capitale. In valigia, confessa, ha messo anche pezzi di carne congelata. "Le condizioni di vita" spiega in un buon italiano "sono ancora estremamente difficili per chi abita fuori città". Aliona, la signora che siede in aereo al mio fianco, lavora, invece, come infermiera, con la sorella, seduta poche file dietro, nella casa di riposo di Valeggio sul Mincio.
La Moldavia è l’unico paese dello spazio post sovietico dove il partito comunista è ritornato al potere, nel 2001, per via democratica. Lo scorso cinque aprile i moldavi sono andati alle urne per rinnovare il parlamento confermando i comunisti al governo. "Sono rimasti solo gli anziani nel mio paese" dice Aliona "non conoscono quello che succede altrove e sono ancora legati al vecchio regime" spiega. I giovani, però, non la pensano allo stesso modo. La televisione è una formidabile finestra sul mondo che in un paese povero come la Moldavia accresce le frustrazioni di chi non vede un futuro degno di tal nome in patria.
Il Parlamento moldavo dopo gli scontri (foto Paolo Bergamaschi) La stampa internazionale l’ha definita la "Twitter revolution" riferendosi all’omonimo sito web di relazioni sociali. E’ stato, infatti, grazie ad un appello comparso su Twitter, Facebook e a centinaia di SMS rilanciati in pochi minuti come un’interminabile catena di Sant’Antonio che, all’indomani della consultazione elettorale, decine di migliaia di giovani, per lo più studenti, si sono mobilitati nel centro di Chişinău per denunciare presunte frodi. I partiti di opposizione, spiazzati in un primo momento dalla manifestazione spontanea, si sono successivamente accodati ai cortei riprendendo le accuse. Alcuni dimostranti hanno poi fatto irruzione nel parlamento e nel palazzo presidenziale saccheggiando gli uffici, rubando computer e appiccando fuoco ad archivi e mobilia. La reazione della polizia non si è fatta attendere ed è stata pesante, spietata, brutale. Gli ospedali della capitale hanno avuto il loro da fare per soccorrere e curare i feriti, e più di trecento persone sono state arrestate dalle forze di sicurezza e trasferite, in seguito, nei commissariati e nelle prigioni del paese. Le immagini degli scontri e delle violenze sono subito arrivate tra i banchi del parlamento europeo che, prima di esprimersi sull’accaduto, ha deciso di inviare in Moldavia una commissione d'inchiesta.
Sui pennoni degli edifici occupati i manifestanti avevano issato le bandiere di Romania e Unione Europea. E’ all’Europa e all’ex madre patria che affidano le proprie speranze le giovani generazioni moldave. Strappata nel 1940 da Stalin alla Romania, con l’aggiunta di una striscia di terra russofona oltre il fiume Dniestr che si è adesso auto-proclamata indipendente dando vita alla Repubblica di Transnistria, la Moldavia era una delle quindici repubbliche che formavano l’Unione Sovietica. Il richiamo di Bucarest è sempre molto forte per ragioni storiche, culturali e linguistiche. "E’ una situazione simile alla divisione fra Germania Ovest e Germania Est" spiega Marian Marinescu, un eurodeputato rumeno che fa parte della delegazione. L’attuale governo moldavo, però, non ne vuole sapere di ristabilire gli antichi legami con la Romania e preferisce guardare alla Russia trasformatasi, oggi, nel garante dell’indipendenza della piccola repubblica. Non a caso il presidente moldavo Voronin ha accusato il governo di Bucarest di avere ispirato la rivolta chiudendo le frontiere con il vicino, espellendone l’ambasciatore e reintroducendo l’obbligo del visto per i cittadini rumeni. E’ stata la diplomazia europea, però, che durante la concitazione di quei momenti è riuscita a placare gli animi ed oggi cerca di ritessere il dialogo fra forze di governo ed opposizione. Non va dimenticato, infatti, che, oltre alle rimesse degli emigrati che costituiscono più del 25% del prodotto interno lordo, dall’Unione Europea arriva anche un sostanzioso pacchetto di aiuti, fondamentali per un paese dall’economia disastrata.
L'incontro con alcune delle giovani vittime delle violenze (foto Paolo Bergamaschi) I lunghi e decrepiti condomini a cella d’ape che costeggiano i grandi viali che dall’aeroporto portano in città non rendono giustizia all’immagine di Chişinău. Irrilevante dal punto di vista monumentale, la capitale con i suoi edifici bassi è distesa, adagiata, quasi assopita tra il verde dei boulevard alberati e dei parchi pubblici. Anche se la vita nelle campagne è davvero grama, quella in città, sembra scorrere paciosa, senza troppi sussulti. Il mercato principale, ad un centinaio di metri dal mio hotel, brulica di massaie che passano in rassegna la miriade di contadini giunta alle prime ore dell’alba per esporre la merce. Niente di originale ai miei occhi ad eccezione di grandi quantità di prugne secche e funghi che costituiscono parte integrante della dieta locale. Anche la vicina stazione degli autobus è affollata di pendolari con i chioschi di paccottiglia che suonano musica ad altissimo volume.
Alexandru, 22 anni, si trovava di fronte alla facoltà di agraria il giorno degli scontri quando è stato prelevato da alcuni poliziotti in borghese che sostenevano di averlo visto lanciare pietre. Con il pretesto di un controllo dei documenti l'hanno portato al commissariato più vicino, dove è stato pestato e rinchiuso per cinque giorni con altre quattro persone in una cella di pochi metri quadrati senza alcuna possibilità di incontrare un avvocato. Prima del rilascio è stato costretto a firmare una confessione senza poter leggere il testo del documento. Gheorghe, 47 anni, era partito quel giorno dal suo villaggio per partecipare alla manifestazione. Spinto dalla folla si era trovato in prima fila e quando alcuni dimostranti hanno cominciato a scagliare sassi ha cercato di farli smettere. Preso dai poliziotti è stato trattenuto per 42 ore dopo essere stato brutalmente picchiato con bottiglie d’acqua di plastica. Mentre racconta quanto accaduto, mostra ecchimosi e lesioni su gambe e torace. Eugen, 21 anni, è stato arrestato a casa dopo aver partecipato alla manifestazione filmando ed intervistando alcuni conoscenti. In camera di sicurezza per sette giorni è stato a lungo picchiato riportando danni a reni e prostata. Ora ha bisogno di un periodo di riabilitazione. Ha dovuto chiudere l’attività di assistenza auto sotto minaccia della polizia e oggi è senza lavoro. Sergiu, 24 anni, stava dimostrando pacificamente quando alcuni funzionari l’hanno fatto salire su un automobile, portato in una stazione di polizia e colpito per un’ora e mezza allo stomaco e alla testa. L’avvocato d’ufficio ha firmato la confessione in sua vece. Ora è a piede libero con il divieto di lasciare il paese.
E' in una sala dell'hotel che ascoltiamo alcune delle vittime della dura repressione poliziesca raccontare storie di ordinaria follia. I rappresentanti delle organizzazioni per i diritti dell'uomo che le accompagnano danno un quadro fosco della situazione. "C'è il rischio che da uno stato autoritario si passi a una vera dittatura" esordisce uno di loro. "Voronin ha accusato i dimostranti di avere organizzato un colpo di stato", continua, "ma a lanciare pietre provocando gli scontri sono stati agenti in borghese che avevano l'ordine di fare precipitare la situazione per giustificare l'intervento massiccio delle forze dell'ordine". La stessa versione viene fornita a più riprese da altri testimoni oculari. E' un dato di fatto che da quel giorno è partita una campagna di intimidazione da parte delle autorità che tramite pressanti richieste burocratiche e controlli fiscali mira ad imbavagliare la società civile. Maggioranza ed opposizione si rimpallano accuse di cospirazione in un vortice tempestoso che scuote le fondamenta della labile democrazia moldava. Sui media, però, passa solo la versione del governo che controlla le principali fonti di informazione eccetto internet, comunque oscurata nei giorni successivi alla rivolta.
L'incontro con Matasaru nel penitenziario numero 13 (foto Paolo Bergamaschi) Secondo testimonianze attendibili è stato nel penitenziario numero 13 che si sono verificati gli episodi più cruenti. Sono ancora nove i manifestanti rinchiusi in prigione. Avevamo preannunciato per tempo alle autorità l’intenzione rendere visita ad alcuni di loro senza ottenere risposta. Di fronte alla determinazione dei deputati europei, però, le porte del carcere si sono come d’incanto schiuse. Anatol Matasaru, 38 anni, è forse il caso più drammatico. Interrompe più volte il discorso tra i singhiozzi mentre racconta la sua odissea ammettendo di avere partecipato ad alcuni tafferugli. Una volta in guardina è stato sottoposto a ripetuti pestaggi e fra questi il "tunnel della morte" che consiste nel passare in mezzo a due file di agenti che colpiscono il malcapitato selvaggiamente. Ripercorre gli avvenimenti ancora sotto shock. Di quei momenti ricorda di essere, ad un tratto, caduto a terra privo di sensi. Ha ancora forti dolori al capo con possibilità ridotte di accedere alle cure mediche. "Nessuno può essere accusato di violazioni ed abusi finché la giustizia non emette il verdetto" afferma deciso, però, l’Ispettore Capo di Polizia nel respingere le accuse. "Tutto è stato filmato, la mia opinione è che sono stati i miei uomini ad essere attaccati dai manifestanti" rilancia con forza. Di tutt’altro parere sembra essere il difensore civico che incontriamo il giorno seguente. "In almeno 10 casi su 41 controllati abbiamo verificato episodi di maltrattamento e violenza ai danni dei detenuti riscontrando lesioni fisiche; inoltre non sono state rispettate le garanzie giuridiche degli imputati" conclude.
I partiti di opposizione scalpitano nelle piazze chiedendo l’invalidamento delle elezioni. La missione di osservazione internazionale ha, però, certificato la regolarità del voto che non può essere rimesso in discussione. Il riconteggio dei voti, ordinato dalle autorità per rispondere alla pressione europea, ha dato risultati pressoché coincidenti.
Sono stati 4.951 i cittadini moldavi che hanno votato in Italia nei consolati di Roma e Bologna. Pochi, e pochissimi di loro hanno votato a favore del governo. Non era nell’interesse del Partito Comunista facilitare il voto all’estero nonostante le richieste del Consiglio d’Europa e, probabilmente, agli espatriati poco importa delle vicende politiche domestiche: il futuro, per loro, è ormai altrove.
La Moldavia è una delle sei repubbliche dell’ex Unione Sovietica che fanno da cuscinetto fra Unione Europea e Russia. Questi paesi sono tutti passati attraverso regimi autoritari, rivoluzioni fallite o bruschi cambiamenti di potere in un processo di transizione che non trova ancora sbocchi. L’Unione Europea, dopo l’allargamento ad oriente, si è sforzata di portare stabilità ai suoi confini cercando di integrare i sei nel proprio spazio economico anche se per adesso la prospettiva di una graduale integrazione politica non è all'ordine del giorno. Mosca ha interpretato l’iniziativa europea come un’invasione di campo, un’intrusione indebita nel cortile di casa. Da qui sono nati malintesi, scontri diplomatici e sgarbi reciproci. Bielorussia, Moldavia, Ucraina, Armenia, Azerbaijan e Georgia si rivolgono ora all'uno ora all'altro dei grandi vicini, incerti sulla strada da seguire. Democrazia e diritti umani sono valori inalienabili del corredo europeo ma non di quello russo. I giovani moldavi sembrano averlo ben presente. Svolte autoritarie si alternano a squarci di libertà. Chişinău si trova ad un bivio fra Mosca e Bruxelles.
*Consigliere per gli Affari Esteri del Parlamento europeo
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/11361/1/358/

venerdì 8 maggio 2009

Passaporto per il paradiso.

Da Chişinău, scrive Iulian Lungu
Secondo le autorità di Bucarest, circa 650mila moldavi hanno richiesto la cittadinanza romena dopo gli eventi del 7 aprile scorso. Per Chişinău la questione è ormai diventata un problema di sicurezza nazionale. I rapporti tra i due paesi, la posizione europea

Nei giorni successivi agli scontri del 7 aprile scorso, migliaia di persone a Chişinău hanno preso d’assalto l’ufficio centrale delle poste e l’Archivio di Stato. Il primo per spedire moduli al consolato romeno per essere poi ammessi a consegnare la documentazione necessaria per ottenere la cittadinanza romena, il secondo per reperire i documenti che dimostrino di avere avuto un parente con cittadinanza romena tra il 1918 e il 1940, condizione richiesta per l'ottenimento dell'agognato obiettivo. Malgrado non sembrerebbe esserci alcun legame con le elezioni e con la crisi politica che ne è seguita, il fenomeno, in proporzioni così massicce, è una diretta conseguenza dei fatti del 7 aprile.

Dopo la devastazione del parlamento e del palazzo presidenziale, la prima reazione delle autorità moldave è stata accusare la Romania per quanto avvenuto. Il passo successivo è stato l’introduzione del regime di visti per i cittadini romeni, e l’espulsione dell’ambasciatore romeno dalla Repubblica moldava. La Romania è sempre stata un'ossessione per il partito comunista moldavo, sempre definita, dall'attuale presidente e segretario del partito Vladimir Voronin, come “l’ultimo impero d’Europa ed un paese che cerca di distruggere l’identità e la sovranità moldava.”

E' la prima volta, però, che alle parole seguono fatti così radicali. Le autorità romene non hanno ignorato le accuse e le azioni intraprese, ma la reazione di Bucarest è stata meno drastica: l’ambasciatore moldavo non è stato espulso, ma sono stati semplificati i requisiti e le procedure - rivolte soprattutto ai moldavi - per ottenere la cittadinanza romena. Il presidente romeno Traian Băsescu, in un intervento straordinario al parlamento di Bucarest, ha dichiarato che è necessario semplificare le procedure per “riassegnare la cittadinanza romena per chi ne è stato privato abusivamente”. Il giorno dopo, il 15 di aprile, il governo romeno ha adottato una decisione urgente che riduce da sei a cinque i mesi per le procedure di valutazione dei dossier, abolendo poi l’obbligo di conoscere la lingua romena per coloro i cui antenati siano stati privati della cittadinanza romena.

La notizia che il governo di Bucarest ha deciso di semplificare le procedure per ottenere la cittadinanza romena ha prodotto una dura reazione da parte delle autorità moldave, che hanno accusato la Romania di cercare di annettersi la Moldavia spopolandola. Il presidente moldavo Voronin ha dichiarato che se la Romania continuerà a concedere la propria cittadinanza ai moldavi, verrà abolita la doppia cittadinanza, oggi legale in Moldavia. Mentre la reazione delle istituzioni di Chişinău è stata molto negativa, migliaia di cittadini moldavi si sono affrettati a spedire lettere al consolato romeno e si sono procurati i documenti necessari per avere per la cittadinanza romena secondo i requisiti richiesti. Richiesta di un intervento internazionale Come già fatto altre volte, le autorità moldave si sono appellate all'Unione Europea perché punisca Bucarest per la sua politica sulla cittadinanza.

Non potendo in alcun modo influenzare la Romania sulla questione, le autorità moldave hanno sempre cercato di coinvolgere le istituzioni europee nel tentativo di ottenere uno stop della UE verso la politica romena della concessione della cittadinanza ai moldavi. Malgrado la UE, negli anni, si sia espressa con grande prudenza sulla questione, in seguito ai fatti del 7 aprile la presidenza ceca dell'Unione, tramite il ministro agli Affari europei Alexander Vondra, ha espresso preoccupazione sui rischi che possono nascere in conseguenza della semplificazione delle procedure per ottenere la cittadinanza romena. Altri funzionari dell'UE contattati da “EU Observer” hanno espresso il proprio scetticismo riguardo il fatto che tale procedura venga messa effettivamente in pratica.

“E’ solo una proposta, espressione di desideri” ha dichiarato Christina Gallach, portavoce dell'Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune Xavier Solana. La battaglia sulla cittadinanza romena Per molti anni la cittadinanza romena è stata considerata da molti moldavi come l’unico modo per avere una vita decente, con standard europei. Il conflitto sul tema non è una novità. Le autorità moldave, nel passato, hanno a lungo lottato contro “la cittadinanza romena”. Le origini affondano le radici nei primi anni dopo l’indipendenza moldava, quando era ancora attivo il movimento unionista con la vicina Romania.

Come misura per contrastare gli unionisti fu dichiarata illegale la doppia cittadinanza, ma anche così molti moldavi hanno deciso lo stesso di richiedere la cittadinanza romena. L’aspetto ironico è che la doppia cittadinanza è stata introdotta in Moldavia solo dopo l’arrivo al potere dei comunisti, nel 2001. Subito fu evidente che il numero di coloro che desideravano la cittadinanza romena era maggiore di quanto previsto, e tale numero è cresciuto in modo significativo con l’entrata della Romania nell'UE. In seguito agli eventi del 7 aprile, il presidente romeno Băsescu ha annunciato pubblicamente che al consolato di Chişinău sono giunte circa 650mila lettere da persone o famiglie moldave che desiderano la cittadinanza romena.

Il gran numero di moldavi con cittadinanza romena, il numero ufficioso è tra 100 e 200mila, ma soprattutto il numero molto maggiore di coloro che la desiderano, è diventato per le autorità comuniste un problema di sicurezza nazionale. Nel 2008, quindi, i comunisti hanno iniziato a mettere in atto leggi che limitano, per chi abbia la doppia cittadinanza, la possibilità di essere eletto a determinate cariche pubbliche, compresa quella di deputato al parlamento.

Tale legge è stata fortemente criticata da opposizione e opinione pubblica, ed immediatamente contestata davanti alla Corte europea per i diritti umani. La Corte ha deciso molto rapidamente sulla questione, e il 18 novembre 2008 ha reso pubblica la sentenza di condanna della Moldavia per le restrizioni imposte dalle autorità di Chişinău, dichiarandole non giustificate, sproporzionate ed in violazione sia del 3° articolo del 1° protocollo della Convenzione europea sui diritti umani che del 17° articolo della Convenzione europea sulla cittadinanza. L’opposizione ha immediatamente cantato vittoria. Il partito comunista al potere ha però ribadito quanto già deciso, annunciando che le restrizioni adottate non saranno abolite.

mercoledì 6 maggio 2009

Vrei să ai o presă liberă? Vino împreună cu noi!

După toate aparenţele, autorităţile Republicii Moldova pedepsesc organizaţiile neguvernamentale (ONG) pentru că acestea şi-au îndeplinit obligaţiile în calitate de apărători ai drepturilor omului, a afirmat astăzi Amnesty International.
Printr-o scrisoare adresată Prim-ministrului Republicii Moldova, Amnesty International şi-a exprimat îngrijorarea în legătură cu faptul că ONG-urile din Republica Moldova, care s-au implicat activ în procesul de monitorizare a alegerilor şi/sau în documentarea încălcărilor înregistrate ale drepturilor omului de către autorităţi în urma protestelor violente care au avut loc la data de 7 aprilie, sunt supuse unor investigaţii fără precedent iniţiate de către Ministerul Justiţiei şi unui control strict din partea organelor fiscale.
"Apărătorii drepturilor omului reprezintă o sursă de inspiraţie şi merită suport şi protecţie din partea statului în lupta acestora pentru apărarea drepturilor omului", a afirmat Nicola Duckworth, directorului Programului pentru Europa şi Asia Centrală.
"Autorităţile moldoveneşti nu-şi îndeplinesc obligaţia de a asigura ca activiştii pentru drepturile omului să-şi poată îndeplini obligaţiile fără obstacole şi de a-i proteja împotriva oricăror încălcări ale drepturilor lor, după cum este prevăzut în Declaraţia ONU privind Apărătorii Drepturilor Omului".
Amnesty International a primit raportări precum că cel puţin şapte ONG-uri, inclusiv reprezentanţa locală a Amnesty International, au primit scrisori de la Ministerul Justiţiei pe data de 16 aprilie. Fiecărei organizaţii i s-a cerut să-şi explice poziţia cu privire la tulburările în masă şi măsurile luate de către aceasta pentru a preveni şi a înceta violenţa. Aceste şapte organizaţii şi alte patru au primit citaţii de la inspectoratele fiscale locale pe data de 24 aprilie, în care li s-a solicitat să prezinte pînă la data de 28 aprilie rapoartele financiare şi sursele de venit şi cheltuieli pentru anii 2008 şi 2009.
Pe data de 28 aprilie reprezentanţii inspectoratelor fiscale locale au vizitat oficiul Amnesty International în Republica Moldova. Aceştia au cerut ca organizaţia să prezinte o copie a listei membrilor remuneraţi precum şi alte documente.
Amnesty International încearcă să obţină o explicaţie cu privire la acţiunile întreprinse de către autorităţile statului.
Amnesty International face apel la guvernul Republicii Moldova să asigure ca organizaţiile pentru drepturile omului şi activiştii societăţii civile să poată activa într-un mediu fără hărţuire, obstacole şi intimidare.

Inna Guleac,
Press Officer,
Amnesty International Moldova
www.Amnesty.MD
tel.: /+373-22/ 83-58-08
fax: /+373-22/ 290-927
mob.: + 373-69-33-78-41
mob.: + 373-79-99-35-30e
http://www.civic.md/

Governo si dimette a vigilia prima seduta Parlamento .

Voronin ha ringraziato esecutivo per lavoro svolto.
Roma, 4 mag. (Apcom-Nuova Europa)
- Il primo ministro moldavo Zinaida Greceanii ha annunciato le dimissioni del governo nel corso della seduta del Consiglio dei ministri di oggi, scrive l'agenzia Interfax. L'esecutivo presenta le dimissioni in accordo con le leggi nazionali, dal momento che la precedente legislatura si è conclusa, ha spiegato il premier. "Il nuovo Parlamento moldavo si riunirà domani e il governo presenterà le sue dimissioni" all'assemblea, ha aggiunto. Il presidente moldavo Vladimir Voronin ha ringraziato il governo e i ministri, chiedendo all'esecutivo di portare avanti i propri compiti fino a quando non sarà formato il nuovo governo moldavo. In Parlamento saranno seduti i rappresentanti di quattro partiti. Oltre ai Comunisti, che avranno 60 dei 101 seggi nell'aula, gli altri 41 deputati rappresentano le forze d'opposizione che hanno manifestato dopo le elezioni di inizio aprile, denunciando brogli elettorali e manomissioni delle liste degli aventi diritto. I Liberali, i Liberaldemocratici e Nostra Moldova hanno chiesto alla comunità internazionale un'inchiesta sugli scontri tra la polizia e i manifestanti e hanno denunciato le condizioni in cui si trovano le persone ancora dietro le sbarre.
http://www.wallstreetitalia.com/articolo.asp?art_id=719245