CUM NE PREGATIN NOI DE REFERENDUM???

CUM NE PREGATIN NOI DE REFERENDUM???
http://www.timpul.md/articol/cum-ne-pregatim-noi-de-referendum-14868.html

venerdì 30 settembre 2011


L’Ue volge ad est per rafforzare il domino atlantico.



Al vertice di Varsavia per la partnership orientale, l’Ue critica Ucraina e Bielorussia, ma tende la mano a Moldavia e Georgia.
Nella capitale polacca per l’occasione erano presenti i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri dell’Unione europea e dei sei Paesi ex-sovietici ai confini orientali dell’Ue – Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia ed Ucraina – con cui è stato concluso l’Accordo di associazione il 7 maggio 2009 a Praga, nonché i vertici delle istituzioni politico-parlamentari e finanziarie dell’Ue. I lavori del summit sono stati aperti dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy (nella foto).
Il vertice ha fatto il punto sul raggiungimento degli obiettivi stabiliti dai progetti di partnership, fondati sulla solita filastrocca dei valori democratici e dei diritti umani. Ritornelli utili a garantire il controllo su alcuni Stati che mantengono la propria sovranità nazionale ed economica rispetto al dominio economico-politico di Washington. Durante i lavori si è parlato anche dell’apertura dei negoziati sugli Accordi di associazione tra l’Ue, la Moldavia e la Georgia. Ma le tensioni non sono mancate, a causa delle controversie che oppongono l’Unione europea a Ucraina e Bielorussia. Quanto a Kiev, i tecnocrati Ue sono delusi per il trattamento giudiziario riservato all’ex primo ministro ed ex “golpista arancione”, Yulia Timochenko, sotto processo perché accusata di aver siglato nel 2009, senza autorizzazione del governo, accordi con la Russia sul gas dannosi per il Paese. Con il solito stile che li contraddistingue gli eurocrati preferiscono interferire nelle questioni interne di uno Stato sovrano per difendere gli interessi del mondo euro-atlantico e dei suoi alleati, nel caso ucraino della Tymoshenko, da sempre legata a doppio filo con Washington. L’Ue chiede infatti una soluzione del processo alla Tymoshenko e pone questa condizione per la firma di un accordo d’associazione con l’Ucraina, prevista per dicembre. Più pesante e complessa la questione bielorussa. L’Unione europea ha criticato severamente Minsk per gli arresti degli oppositori politici del presidente Alexander Lukashenko dopo la sua rielezione nel dicembre 2010. Dal canto suo Lukashenko ha inviato al suo posto un ambasciatore, creando molta irritazione a Bruxelles. Tra i 27 si rafforza l’ipotesi di imporre nuove misure contro Minsk, anche di carattere economico. Tra le novità è da menzionare l’intervista al presidente georgiano Mikhail Saakashvili pubblicata dal quotidiano Rzeczpospolita di Varsavia, che ha confermato come Tbilisi potrebbe impiegare dai cinque ai dieci anni ad entrare nell’Unione europea. “È importante per noi cominciare a integrarci nelle strutture europee. Questa cosa richiederà qualche anno”, ha detto Saakashvili, quantificando “tra cinque e dieci anni” il tempo necessario. “La Georgia – ha continuato il capo di Stato legato all’intelligence statunitense – si sviluppa così rapidamente che ci sarà un momento in cui l’Ue non potrà più negarci l’adesione. La nostra posizione di partenza è oggi migliore di quella della Bulgaria e della Romania all’epoca in cui quei Paesi lanciavano i loro negoziati per entrare nell’Ue”. È evidente che questa attività verso i confini orientali da parte dell’Unione europea non può risultare gradita alla Russia, che è consapevole dei pericoli connessi a tale strategia che mira a circondare la Federazione e i suoi confini di Paesi collusi con il mondo atlantico, strappandoli alla sua sfera di influenza. Una strategia quella europea che mira sì a rafforzare i già cospicui successi di questi anni sul piano della cooperazione, con scambi commerciali pressoché triplicati nell’arco di un decennio, ma anche a garantire il controllo politico-militare di queste aree per conto dell’impero a stelle e strisce.

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=10628

giovedì 29 settembre 2011

Negoziati in Transnistria, le due facce della medaglia.

Si riaprono i negoziati tra la Repubblica di Moldavia e la regione separatista della Transnistria, malgrado le posizioni delle parti rimangano distanti. A complicare ulteriormente la situazione l'ambigua posizione tenuta dalla Russia
Chişinău, capitale della Repubblica moldava, e Tiraspol, capitale de facto della regione separatista della Transnistria, rilanceranno i negoziati ufficiali entro fine anno. La decisione è stata adottata congiuntamente dalle parti in occasione di colloqui svoltisi a Mosca il 21 settembre scorso. I negoziati formali per la risoluzione del conflitto territoriale erano sospesi dal 2006, ma ora le parti sembrano guardare con ottimismo alla possibilità di un nuovo accordo.

Piccoli passi.

Secondo Eugen Carpov, vice-primo ministro ed ex ambasciatore moldavo a Bruxelles, i negoziati non saranno facili, vista la necessità di ratificare nuove decisioni e documenti. “Il nostro governo ha la propria agenda e una visione complessa dei negoziati a venire. Spero che un altro incontro si possa tenere durante la presidenza lituana dell'OSCE”. La presidenza lituana ha infatti invitato le parti ad avviare i negoziati ufficiali a Vilnius in novembre. Carpov ha annunciato che ogni parte dovrà arrivare preparata all'incontro e che altri incontri tecnici si terranno sia a Tiraspol che a Chişinău.
Il compito più difficile sarà trovare un compromesso fra posizioni opposte. Chişinău offre alla Transnistria l'autonomia all'interno della Repubblica, mentre Tiraspol punta all'indipendenza e forse all'annessione alla Federazione russa. Secondo il politologo Sergey Sirokov, solo il dialogo può avvicinare le controparti. “Trovare modelli di risoluzione non è facile, entrambe le regioni hanno bisogno di stabilità politica ed entrambe sono in periodo elettorale”.

In attesa del voto

Molti esperti sono scettici sull'effettivo rilancio dei negoziati per fine anno. La campagna elettorale non è il periodo migliore per avviare i negoziati ufficiali. In Transnistria in 500.000 andranno al voto per le presidenziali l'11 dicembre prossimo, mentre in Moldavia continua la crisi di governo: nessun presidente è riuscito ad ottenere la maggioranza in Parlamento nelle ultime due elezioni. L'assenza di un governo è fra le ragioni che hanno finora portato Tiraspol a rifiutare i negoziati.

Il ruolo della Russia

Si profila incerta la rielezione di Igor Smirnov, presidente de facto della Transnistria, visto l'appoggio ufficialmente dichiarato dal partito russo di governo “Edinaja Rossija” al contendente Anatol Kaminski. Dopo la visita a Mosca di quest'estate, Kaminski ha dichiarato che la Federazione russa aveva stanziato per la Transnistria due milioni di dollari, a titolo di aiuti umanitari per l'integrazione delle pensioni di anzianità.
La posizione ufficiale russa ha sempre sostenuto la necessità di rispettare l'integrità territoriale della Repubblica moldava, ma più recentemente Vladimir Putin ha mandato messaggi di sostegno al candidato Kaminski. Secondo il politologo Petru Bogatu, il contenuto della lettera è più controverso del gesto stesso: si parlerebbe di un'ambiziosa strategia di sviluppo per la Transnistria entro il 2015, con garanzie di sostegno da parte della Federazione russa. La lettera ha sollevato le reazioni del mondo diplomatico: le autorità moldave hanno messo in guardia la Russia sulle implicazioni delle mire separatiste sui negoziati.
In seguito a colloqui informali fra Filat e Smirnov tenutisi in Germania il 9 settembre scorso, il presidente della Commissione elettorale della Transnistria ha chiesto all'ambasciata russa a Chişinău di controllare le visite dei politici russi che appoggiano apertamente Anatol Kaminski, dato che la legge proibisce ai rappresentanti di altri Paesi di fare campagna elettorale.

Smirnov e Filat

Durante i colloqui in Germania, il leader di Tiraspol Igor Smirnov ha dichiarato che, a prescindere dai futuri risultati elettorali, i negoziati ufficiali saranno avviati solo su un piano di equità giuridica: "Non abbiamo mai fatto parte della Repubblica moldava e non siamo disposti a discutere l'integrazione territoriale. Non è questo il nostro problema, se non per i cittadini moldavi. Ogni tentativo di mettere questo in agenda equivale a far fallire i negoziati”.
Vlad Filat, primo ministro moldavo, ha presenziato ai colloqui in Germania. Una novità dato che in precedenza era noto per il suo approccio a base di “football diplomatico” verso il leader separatista mentre si trovava a disagio nei faccia a faccia: “Non è facile andare nel tuo stesso Paese attraversando il confine su macchine blindate, ma andrei anche sulla Luna se servisse a risolvere il conflitto e reintegrare il Paese”, ha dichiarato in un'intervista a Hotnews.

La comunità internazionale.

Secondo Iurie Leanca, ministro degli Esteri moldavo, il conflitto congelato non è più un problema di Mosca, ma di tutta la comunità internazionale: “Il problema non è solo nelle mani di Chişinău e Tiraspol, ma trascende i confini nazionali. Abbiamo chiesto alla Russia di agire in qualità di donatore e sostenere interventi sociali in Transnistria. Il 15% dei fondi europei che riceviamo va alla parte orientale del Paese. Non è colpa nostra se loro li rifiutano con motivazioni strumentali, come presunti rischi per la sicurezza nazionale della Transnistria”, ha dichiarato a Radio Free Europe.
La Federazione russa offra alla Transnistria sconti del 30% sul gas e finanzia il 15% delle pensioni. A prescindere dalle varie influenze esterne sulla regione, l'alto rappresentante UE Catherine Ashton ha incoraggiato lo svolgersi dei prossimi negoziati in formato 5+2, con UE e USA nel ruolo di osservatori. Questo, insieme alla mediazione di Ucraina, Federazione russa e OSCE, dovrebbe portare a misure pacifiche e a lungo termine per la risoluzione del conflitto. Eugen Carpov ha dichiarato a Radio Moldova che UE e USA potrebbero passare da osservatori a mediatori: “Visto il ruolo e l'importanza di questi due attori, sarebbe giustificabile portare il loro status alla pari con il resto dei partecipanti al negoziato”.
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Transnistria/Negoziati-in-Transnistria-le-due-facce-della-medaglia-103811

Intrigo atomico internazionale: contrabbando di uranio nello stato-mafia della Transnistria.


Umberto Mazzantini
Secondo l'Associated Press, un gruppo internazionale di investigatori, dopo aver svolto indagini quest'estate in Moldova, ha scoperto che un cartello criminale sta cercando di vendere Highly enriched uranium (Heu, uranio altamente arricchito) di origine russa ad acquirenti in Nord Africa.
Global security newswire sottolinea che «La notizia arriva dopo che la Russia ha accettato di installare attrezzature di rilevamento delle radiazioni in tutti i suoi posti di frontiera». La portavoce della Procura generale della Moldova, Maria Vieru, ha detto che «Le autorità ritengono che almeno un chilo di uranio altamente arricchito sia ancora nelle mani dei criminali».
Le autorità moldave pensano che l'uranio sia passato per la Transnistria, un piccolo territorio ai confini con l'Ucraina, dichiaratosi indipendente dalla Moldova, che chiede l'annessione alla Russia e che conserva tutta la vecchia simbologia sovietica, ma in realtà è un vero mafia-Stato e un paradiso per i contrabbandieri di armi e droga.
L'Ong norvegese-russo Bellona evidenzia che «Anche se la quantità in generale è una frazione di quanto sarebbe necessario per costruire una bomba, gli investigatori internazionali la indicano come una nuova prova che un mercato nero di materiali nucleari provenienti da siti poco protetti nella ex Unione Sovietica è ancora attivo».
Fonti del governo Usa hanno detto all'Ap che i moldavi stanno aiutando il team di investigatori internazionali nella ricerca di un russo che sarebbe il capobanda e di un nordafricano che si crede sia il rappresentare degli acquirenti e che è fuggito dalla Moldova. Ma la vicenda è ammantata di mistero: nessuno dei sospetti è stato pubblicamente identificato dalle autorità che non hanno voluto nemmeno dire da quale Paese del Nord Africa venisse l'acquirente, si sa solo che è sposato con una moldava.
In un rapporto pubblicato il 27 settembre, il senatore Usa Richard Lugar, senior member del Senate foreign relations committee, si dice preoccupato per i collegamenti col Nord Africa, dato che gruppi terroristici come Al Qaeda del Maghreb islamico operano nella regione: «Se l'esistenza di un intermediario legittimato (o di un intermediario) proveniente da una regione con una storia di cellule terroristiche fosse confermata, allora il caso sarebbe sostanzialmente molto più allarmante rispetto ad altre recenti intercettazioni di materiale fissile, dato che gli agenti ufficiali sono gli unici potenziali acquirenti».
Lugar non è l'ultimo arrivato: ha guidato gli sforzi globali per mettere in sicurezza il materiale nucleare in particolare nei Paesi dell'ex Unione Sovietica. Insieme all'ex senatore democratico Sam Nunn ha realizzato la Cooperative threat reduction initiative (Ctr) controllata dal Pentagono che ha già demolito migliaia di missili nucleari, bombe e sottomarini atomici dismessi. Ma il segnale che arriva dalla Moldova aumenta le preoccupazioni dei funzionari della Ctr che cercano di impedire il contrabbando nucleare che approfitta della corruzione in Russia e dei bassi livelli di sicurezza dello stoccaggio di materiali nucleari.
Secondo l'AP, «Gli Stati Uniti, le Nazioni Unite e la Moldova stanno lavorando insieme sulle indagini sul contrabbando di uranio». A giugno agenti moldavi che erano stato addestrato dagli americani hanno condotto una "sting operation" infiltrandosi nella ribelle Transnistria (che pullula di militari del contingente di "pace" russo, evidentemente in altre faccende affaccendati) ed ha acquistato una piccola quantità di uranio, intercettando così l'acquirente nordafricano. L'operazione ha portato all'arresto di 6 persone e al sequestro di 4,4 kg di uranio che erano stati offerti al prezzo "promozionale" di 600.000 dollari.
Secondo il rapporto Lugar il venditore aveva a disposizione ulteriori 9,9 chilogrammi di Heu, ad un prezzo di 31 milioni di dollari, cioè un terzo dell'Heu necessario per costruire un'arma nucleare. Bellona sottolinea che «Non è chiaro se il gruppo di trafficanti avesse veramente accesso a tale uranio o a molto di più». Quello che si sa è che uno degli arrestati nella sting operation di giugno è un avvocato di Chisnau, la capitale della Moldavia e che la perquisizione della sua abitazione ha trovato in un computer gli elementi che provano che la banda di criminali nucleari aveva cercato acquirenti per l'uranio in Nord Africa. La polizia moldava ha anche trovato le fotocopie dei passaporti di un nordafricano e dei russi ancora ricercati.
L'Onu e gli Usa hanno confermato che l'uranio che è sequestrato è riconducibile a impianti di arricchimento russi, anche se non dicono di quali si tratti. Secondo l'AP, «Un nuclear forensics team analizzerà l'ossido di uranio, il che fornirà una identificazione che potrà essere confrontata con gli stock di uranio esistenti in Russia».
La cosa è molto imbarazzante per i russi e gli americani che hanno firmato accordi per il riprocessamento dell'Heu militare sovietico, ma anche per l'Ucraina che con gli Usa ha sottoscritto lo stesso accordo solo un paio di giorni fa e che è la frontiera orientale della Transnistria, visto che quella occidentale è (teoricamente) blindata dai moldavi che hanno stretto un cordone sanitario intorno alla repubblica russofona ribelle.
Il rapporto Lugar spiega che i voli dalla Transnistria non possono essere controllati e, mentre la sorveglianza ai confini tra il territorio separatista e la Moldova sembra corretta, i confini con l'Ucraina sono "porosi". Inoltre Lugar chiede azioni immediate per migliorare la sicurezza degli impianti nucleari in Russia, cioè quelli che Vladimier Putin pochi giorni fa ha dichiarato «I più sicuri del mondo».
Olli Heinonen, ex ispettore dell' International atomic energy agency, ha detto all'AP che l'uranio potrebbero provenire da reattori di ricerca russi, che sono meno sorvegliati degli impianti militari. Ma le grandi quantità di Heu alle quali sembrano avere accesso i gruppi criminali sembrano suggerire che possono accedere anche agli stock militari, d'altronde già "violati" in altre occasioni dopo il crollo dell'Urss.
La cosa incredibile è che, mentre viene fuori questo giallo atomico internazionale, né il governo russo né il monopolista nucleare di Stato Rosatom società, né il ministro della difesa russo abbiano detto una parola sui dettagli delle indagini che coinvolgono così pesantemente la sicurezza interna della Russia, quella dei suoi impianti nucleari militari e civili e la strana politica estera di Mosca che sostiene uno stato-mafia fantasma come la Transnistria.
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=12534

mercoledì 28 settembre 2011


Kalman Mizsei: „Forţa transformatoare a Europei constituie cea mai puternică resursă pentru modernizarea Moldovei”.



Interviu Info-Prim Neo cu ex-Reprezentantul Special al Uniunii Europene în Republica Moldova, Kalman Mizsei, din ciclul „Moldova-20! Încotro?”

 Stimate Domnule Ambasador, intenţionăm să plasăm interviul cu D-voastră la rubrica noastră permanentă „Moldova-20! Încotro?”. Vă rog să ne ajutaţi să ne privim pe noi, cei care locuim acum în Republica Moldova, ca şi cum dintr-o parte. Mi se pare că o mai bună candidatură în acest scop ar fi greu de găsit, dat fiind faptul că D-voastră sunteţi deja o persoană fără „conflict de interese” în raport cu Moldova, dar sunteţi şi persoana care cunoaşte foarte bine Moldova, păstrează un interes viu pentru Moldova. Am dreptate dacă spun despre interesul D-voastră informal şi omenesc faţă de Moldova? 

- Într-adevăr, eu păstrez interesul pentru Moldova. Aş putea să vă povestesc o istorioară în legătură cu acest lucru. Aşa s-a întâmplat că unul dintre colegii mei părăsea Moldova în legătură cu încheierea misiunii sale diplomatice şi, la cina în onoarea sa, ambasadorul german de pe atunci a spus o astfel de frază: „Diplomaţii nu doresc întotdeauna să vină cu serviciul în Moldova, pentru că aceasta ar fi cea mai săracă ţară din Europa, dar dacă vin şi lucrează aici, atunci nu mai doresc să plece”. Este un adevăr absolut, în special pentru acei care au lucrat atât de intens cu Moldova, precum am făcut-o eu. Astfel de oameni nu vor mai putea să se dezică niciodată de atitudinea pozitivă şi de sentimentul responsabilităţii, dacă doriţi, faţă de această ţară. Omul doreşte s-o ajute şi în continuare, dacă poate.

- Aşadar, unde a ajuns Republica Moldova la cea de a 20-a aniversare a Independenţei sale, în ce port, este oare acesta un port?
- Cred că Moldova a ajuns destul de departe, dar acesta nu este nici pe departe un port. Moldova este încă în calea multor vânturi deschise. Ea a devenit pe neaşteptate o ţară independentă cu 20 de ani în urmă ca urmare a destrămării Uniunii Sovietice, a unui mare imperiu. În opinia mea, nimeni nu s-a aşteptat la aşa ceva. Moldova a avut posibilitatea de a se dezvolta în mod independent, dar, pe de altă parte, amplasarea sa geografică nu era atractivă. De exemplu, ţara mea, Ungaria, se afla pe atunci la frontiera cu Uniunea Europeană, lângă Austria, care se dezvolta cu ritmuri foarte dinamice. Pe atunci exista deja prima autostradă Budapesta-Viena, poate că încă nu era finalizată, dar exista o legătură foarte bună cu pieţele. Noi am avut, de asemenea, mari provocări geografice, de exemplu, războaiele în fosta Iugoslavie. În Moldova nu a existat nici infrastructură, nici pieţe mai apropiate, nici tradiţii de constituire a statului independent. Ungaria a fost, totuşi, timp îndelungat o ţară independentă, posibil că pe timpul sovietic independenţa aceasta a fost foarte limitată, dar ea poseda totuşi atribute ale unei ţări independente. Moldova nu a fost niciodată în epoca modernă o ţară independentă. Iată de ce Moldova s-a confruntat cu mult mai multe greutăţi decât chiar Ungaria, dar Ungaria le-a avut multe.



- Care ar putea fi considerate cele mai importante realizări ale Moldovei în această perioadă, există asemenea realizări?

- Cea mai importantă realizare o constituie faptul că pe parcursul acestor 20 de ani Moldova a menţinut organizarea democratică a statului şi lucrul acesta este foarte important. În afară de scurta perioadă de război civil din anii 1991-1992, în Moldova a existat o cultură politică neagresivă şi aceasta este, de asemenea, foarte şi foarte important. Desigur, au existat proteste, a existat luptă politică, dar totul a fost în mod paşnic. Pentru un astfel de stat tânăr, pentru o astfel de democraţie tânără, pentru o ţară atât de săracă, în opinia mea, acestea sunt realizări substanţiale şi neaşteptate.



- Dar care au fost cele mai mari nereuşite, erori, dacă au fost, desigur?

- Omul trebuie să întrebe în mod direct, de ce ţara cu oameni atât de talentaţi este cea mai săracă ţară din Europa, iar cota produsului intern brut anual pe cap de locuitor este cu mult mai mică decât în multe ţări din Africa? Trebuie să vă întrebaţi direct, deşi aceasta este o întrebare incomodă.

Există două aspecte ale răspunsului la această întrebare: ce a depins de Moldova şi ce nu a depins de ea? Pe de o parte, după cum am menţionat, Moldova nu este atractivă din punct de vedere geografic şi de aceea ea nu a fost ajutată de capitalul străin, cum au fost ajutate Ungaria, Polonia, Cehoslovacia. Când la noi se demola industria socialistă, în scurt timp după aceasta au apărut investiţiile străine, care ne-au ajutat să valorificăm în mod chibzuit resursele umane. La dumneavoastră, din păcate, nu s-a reuşit acest lucru şi consider că din cauza că sunteţi departe de pieţe şi că nu a existat infrastructura. Ca rezultat, în Moldova au fost pierdute anumite deprinderi profesionale, cu regret, pentru totdeauna, ceea ce nu se poate spune, de exemplu, despre ţările Europei Centrale sau despre statele baltice. Însă, pe de altă parte, este necesar să menţionăm că la dumneavoastră nu a existat niciodată o politică economică suficient de consecventă şi bună, pentru a compensa acest neajuns extern cu reforme economice liberale, cum face Georgia, de exemplu, în ultimii ani, şi cu edificarea infrastructurii. De exemplu, dacă este vorba de un lucru atât de simplu ca drumurile, există foarte puţine drumuri reconstruite, deşi şi structurile financiare internaţionale, şi Uniunea Europeană, şi SUA sunt gata să ajute. De aceea, vorbind despre neajunsuri, trebuie să vorbim de lacunele, legate de reforme şi de funcţionarea statului, în care domenii, la părerea mea mea, este necesar să se corecteze foarte multe.

- Este vorba despre o voinţă politică insuficientă a guvernanţilor noştri de ieri şi de azi ?

- Este vorba despre aceasta, dar şi despre mentalitatea administrării, care se caracterizează încă prin multe aspecte ale fostei mentalităţi sovietice. Este necesară o administraţie puternică, nu în sensul de a menţine puterea cu orice preţ, dar orientată puternic asupra reformelor. De exemplu, îmi amintesc cum Leszek Balcerowicz începea în anii 80-90 ai secolului trecut reformele în Polonia. El nu avea scopul de a menţine puterea, ci de a moderniza Polonia. Aici este marea diferenţă şi importanta diferenţă. Şi eu cred că în acest sens clasa dumneavoastră politică nu este prea bine determinată şi nu a dus reformele până la capăt.

- Ce am putea aştepta în continuare să se întâmple în destinele Moldovei, încotro se îndreaptă ea, ce depinde de ea, de cetăţenii săi şi ce depinde de „mai marii” acestei lumi?

- Chiar dacă nu aş fi fost Ambasador al Uniunii Europene, trebuie să o spun fără ocolişuri: eu sunt absolut convins că şansa de modernizare a Moldovei ţine de integrarea europeană. Dar această şansă nu se va realiza de la sine, pentru aceasta trebuie să facă mai mult atât Uniunea Europeană, cât şi Moldova. Uniunea Europeană trebuie să facă mai bine trei lucruri: 1. Negocierile în problema comerţului liber trebuie să se desfăşoare mai intens, pentru că negocierile oficiale nici nu au demarat, iar Uniunea Europeană trebuie să fie în acest sens mai operativă şi mai hotărâtă; 2. Regimul fără de vize; 3. Funcţionarii de la Uniunea Europeană trebuie să cunoască mai amănunţit, mai profund de ce reforme are nevoie Moldova, pentru a accelera modernizarea, iar de la Moldova să aştepte reforme puternice şi concrete, fără mari compromisuri. Dar şi Moldova trebuie să facă mai multe. În ultimii ani, în activitatea diplomatică a Moldovei se observă o orientare europeană puternică şi aceasta este foarte bine. Totodată, este important ca şi reformele interne să fie tot atât de puternice ca şi orientarea europeană externă. Aş putea compara procesele actuale din România şi din ţările fostei Iugoslavii. În timpul socialismului, fosta Iugoslavie era mult mai dezvoltată. Dar pentru că pe teritoriul său au avut loc războaie, iar România a fost cu mult mai insistentă în procesul de integrare europeană şi în reformele interne, actualmente ea se prezintă, cu toate neajunsurile pe care le are, mult mai atractivă şi în ceea ce priveşte dezvoltarea societăţii în ansamblu, şi în infrastructură, şi în business. Şi de aceea, cu toate că Europa are foarte multe neajunsuri, forţa transformatoare a Europei constituie pentru viitor cel mai puternic izvor de modernizare a Moldovei.

- Cum caracterizează Republica Moldova şi pe oamenii săi din perioada de independenţă apariţia, existenţa şi procesul de reglementare a conflictului transnistrean?

- Întâi de toate, aceasta este încă o problemă care complică dezvoltarea Moldovei. Trebuie realizată concilierea în problema transnistreană, trebuie să fie unificată ţara. Dar cum să fie unificată, aceasta este o provocare enormă. Există câteva genuri de resurse în acest sens. Mi-am bazat activitatea în perioada mandatului meu în Moldova în conformitate cu una dintre ele: măsurile de consolidare treptată a încrederii, de construire a podurilor între cele două părţi ale societăţii cândva unice. A doua resursă: trebuie desfăşuraţi negocierile. Formatul „5+2” este un format înţelept, pentru că la el participă toate părţile puternic interesate. România participă prin intermediul Uniunii Europene, în rest, participă toate părţile. Se cere înţelepciunea Guvernului dumneavoastră, a statului dumneavoastră, pentru ca prin intermediul măsurilor de încredere să convingeţi regiunea transnistreană, jumătate de milion de oameni care trăiesc acolo, de altfel, foarte sărac, că la ei se gândeşte cineva. Trebuie să remarc cu toată sinceritatea că guvernul moldovean nu a fost destul de consecvent în acest sens. Există multe exemple că recunoaşterea formală a măsurilor de consolidare a încrederii cu Transnistria, încurajate de UE, nu este urmată de acţiuni concrete. Este aproape ca şi în cazul cu orientarea proeuropeană: cuvintele sunt potrivite, dar trebuie să vedem acţiuni mai efective. Şi, desigur, Uniunea Europeană trebuie să facă mai mult. Direcţiile generale, despre care am spus mai sus, se referă şi la Transnistria. Dacă există comerţul liber, dacă există regimul fără de vize, va fi cu mult mai uşor de reintegrat ţara. Desigur, există un anumit minimum, care urmează a fi asigurat în cadrul reglementării transnistrene. Este vorba de democratizarea Transnistriei şi de o atare reglementare care să nu complica şansele Republicii Moldova, ale malului drept, la integrarea europeană.

Se vorbea foarte des atunci pe când eram Reprezentant Special al Uniunii Europene că cheia reglementării transnistrene se află la Moscova. Eu am considerat întotdeauna că există trei chei, există chei şi mai mici, dar cheile mari se află şi la Moscova, şi la Bruxelles, şi la Chişinău.

- La începutul lunii curente şi la începutul rubricii „Moldova-20! Încotro?” Agenţia Info-Prim Neo a publicat un comentariu, prin care a încercat să acrediteze ideea că Moldova are nevoie să legifereze orientarea europeană pe cale constituţională în calitate de vector al dezvoltării ţării. Această prevedere constituţională urmează să garanteze ireversibilitatea procesului de modernizare a ţării, să calmeze spiritele politice care sunt gata să iasă din maluri, cu consecinţe imprevizibile, să restabilească în societatea moldovenească atmosfera de linişte şi toleranţă socială. Mai simplu cred că am putea să ne exprimăm astfel: „Independenţă avem, dar ce facem mai departe cu ea, încotro mergem?” Ce credeţi despre această idee?

- Simbolica aceasta este pentru mine un pic cam sovietică. Eu nu cred că integrarea europeană constituie o prerogativă a Constituţiei. Integrarea europeană există atunci când există un consens între forţele politice în privinţa integrării europene. Dacă cineva va fixa acest lucru în Constituţie, iar mai apoi majoritatea politică va fi împotrivă, integrare europeană nu va exista. Iată de ce consider că este vorba de infantilism politic, chiar dacă acest slogan este ademenitor. Ceea ce se cere acum de la dumneavoastră, este să munciţi asupra unor reforme concrete, care sunt importante pentru integrarea europeană, trebuie să găsiţi un consens politic în ceea ce priveşte integrarea europeană. De altfel, după mine, un asemenea consens există, deşi în timpul campaniilor electorale se manifestă uneori puţin populism contra acestui lucru. Dar, în general, eu consider că toate forţele politice ştiu şi conştientizează că cea mai bună garanţie pentru dezvoltarea Moldovei este integrarea europeană. Sunt necesare şi activitate politică, şi reforme, iar Constituţia nu trebuie să aibă un caracter maximalist. O Constituţie bună este una scurtă şi minimalistă.

- Dumneavoastră nu aţi încercat să găsiţi, pentru sine, o definiţie, care ne-ar ajuta să înţelegem ce prezintă astăzi Republica Moldova şi poporul Moldovei? În sensul definiţiei din dicţionare, care să fie clară pentru toată lumea? Republica Moldova poate fi înţeleasă de toţi acum?

- De obicei, oamenii consideră că există un adevăr simplu şi un adevăr univoc. Ceea ce am descoperit eu în Moldova este că, deşi ţara dumneavoastră este mică şi, din păcate, una dintre cele mai sărace din Europa, totuşi politica în Moldova, inclusiv problematica transnistreană, este destul de complicată. Esenţa acestei probleme constă în faptul că nu există o definiţie puternică a identităţii Moldovei, cum există, de exemplu, identitatea Franţei sau, să zicem, a Rusiei, sau a altor ţări, unde este mult mai profundă istoria naţională de stat. Un factor foarte bun pentru Republica Moldova este că aici coabitează oameni diferiţi, diferite limbi, în afară de cea de stat, de aceea unii întreabă câte odată despre identitate. Şi totuşi, în ultimii 20 de ani în Moldova s-au consolidat şi identitatea, şi statalitatea şi de aceea acum s-ar putea răspunde cu mult mai ferm, ce prezintă Republica Moldova?

- Cu ce Vă ocupaţi D-voastră acum, are aceasta vreo tangenţă cu Moldova?

- Actualmente, mă ocup la Institutul Societăţii Deschise de o problemă foarte complicată, din nou de o problematică foarte complicată, de integrare socială a romilor din ţările Europei Centrale şi de Est. Aceasta vizează şi Moldova pentru că şi aici sunt, de asemenea, romi. La ora actuală ne ocupăm mai mult de ţările Uniunii Europene şi din Balcani, dar pe viitor intenţionăm să ne concentrăm mai mult pe Europa de Est, în primul rând, asupra Moldovei şi Ucrainei.

Valeriu Vasilică, Info-Prim Neo


martedì 27 settembre 2011

Guerra del Gas: la Moldova cerca di rompere con l'imperialismo energetico russo
Scritto da Matteo Cazzulani   
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Chisinau
L'Europa come scelta politica ed energetica per un futuro di prosperità in definitiva rottura con un passato sovietico che ancora fa sentire il proprio peso. Nella giornata di domenica, 25 dicembre, la Moldova ha dichiarato la volontà di rafforzare la partnership energetica con la Romania e, con essa, con l'Unione Europea.
Nello specifico, il piano del Governo moldavo, evidenziato dal Primo Ministro, Vlad Filat, prevede l'unione del sistema infrastrutturale di Chisinau con quello di Bucarest per ottenere accesso a forniture energetiche alternative nel Mercato Comune di Bruxelles.
Una scelta ambiziosa, di non facile realizzazione: la maggioranza di centrodestra – l'Alleanza per l'Integrazione Europea – si basa su un esiguo scarto in Parlamento su di un'opposizione comunista, determinata nel lasciare la Moldova dipendente da Mosca energicamente – e quindi economicamente e politicamente – proprio come in epoca sovietica. È un contrasto che ha già portato enormi difficoltà al Governo Filat, deciso ad adottare standard economici per il Paesesempre più vicini a quelli dell'Unione Europea, in vista di una futura Associazione, simile a quella che l'UE si accingeva a srtingere con l'Ucraina prima della svolta autoritaria autoritaria.
Ma non è solo la legittima ambizione europea alla base della scelta: per la Moldova il gas europeo è fondamentale per la diversificazione delle forniture di un oro blu acquistato oggi unicamente dal fornitore russo, con cui la Moldova vuole avere meno a che fare.
La Moldova verso il Nabucco
Come ha evidenziato dal Primo Ministro, Chisinău compra tutto il suo gas dal monopolista russo, Gazprom e, così, non riesce a ritagliarsi una fetta di partecipazione nei progetti di Bruxelles, in primis nel Nabucco: la principale infrastruttura della rete dei gasdotti che la Commissione Barroso ha progettato sul fondale del Mediterraneo per importare gas centro asiatico in Europa senza dipendere dalla Russia.
Come sappiamo, in risposta al gasdotto di verdiana denominazione, Mosca ha dato il via alla costruzione del Southstream: conduttura sottomarina, simile al Nabucco ma costruita sul fondale del Mar Nero, orientata alla fornitura di oro blu ai Paesi occidentali del Vecchio Continente, bypassando Paesi politicamente scomodi e invisi ai russi come Polonia, Ucraina, Romania e, appunto, Moldova.
Ad accordarsi con il monopolista russo per un progetto che lede gli interessi dell'Unione Europea tutta, il colosso italiano ENI, la francese EDF, e la tedesca BASF. Singole compagnie energetiche di Paesi tradizionalmente lontani dalla comprensione storico-culturale dell'Europa Centro-Orientale e di quegli Stati che, memori dell'età sovietica e zarista, vedono con preoccupazione il rinato imperialismo russo: basato oggi non più sui carri armati, ma su gas ed infrastrutture.
http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=32909&Itemid=28

giovedì 22 settembre 2011

Il Comintern e le origini del ‘moldavismo’.

Alla presenza di un folto pubblico e di diplomatici romeni e stranieri, il Ministero degli Esteri romeno ha ospitato la presentazione del volume Il Comintern e le origini del „moldavismo” (Cominternul şi originile “moldovenismului”) dello storico Gheorghe E. Cojocaru della Rep. Moldova confinante, pubblicato dall’editrice Civitas di Chisinau.
Erano presenti il ministro degli Esteri romeno, Teodor Baconschi, e il segretario di stato agli affari strategici, Bogdan Aurescu. Il libro è stato presentato dall’autore, dai docenti universitari Mihai Retegan e Ion Siscanu, nonché dal presidente dell’Associazione degli storici della Moldova, Sergiu Musteţea, e dal direttore dell’editrice Civitas, Gheorghe Bostan.

La questione moldava.
Attraverso documenti inediti dell’Internazionale comunista, scoperti dall’autore negli archivi di Comintern a Mosca, Kiev, Bucarest e Chisinau e risalenti al periodo 1924-1928, il libro dello storico di Chisinau presenta il modo in cui è nata la dottrina del cosiddetto „moldavismo”, istituita dal regime stalinista. I documenti risalenti al periodo 1924-1928 sono stati tradotti dal russo e argomentano la costruzione di tipo sovietico del concetto di „moldavismo” e la sua inoculazione tra gli abitanti della Bessarabia (la Moldova attuale), con la creazione, nel 1924, della Repubblica autonoma sovietica socialista della Moldova (Rassm), nota come la Transnistria. Il ministro Baconschi ha rilevato che nel suo libro, Gheorghe E. Cojocaru dimostra, in base ai documenti, come fu concepita, dal 1924 al 1928, ai tempi di Stalin, „un’arma temibile volta a minare la statalità della Romania e a rendere la Transnistria una testa di ponte per esportare la Rivoluzione rossa nei Balcani e in Europa”.
„Dal libro del Dott. Cojocaru apprendiamo che il ‘moldavismo’ nega le radici identitarie romene e che il suo metodo preferito erano l’esagerazione e la mistificazione: un gergo diventa lingua letteraria, e una regione in riva al fiume Nistro arriva ad essere ‘stato’ con identità ‘moldavista’ distinta”, ha detto il capo della diplomazia romena, Teodor Baconschi. Gli effetti nocivi e i danni collaterali sono visibili a tutt’oggi in Moldova: la crisi identitaria indotta artificialmente ha generato convulsioni e tensioni, ostacolando per molto tempo un’evoluzione normale, ha aggiunto il ministro. „La Romania respinge qualsiasi pratica volta ad accreditare l’idea di una nazione e di una lingua ‘moldava’ distinta da quella romena, in base a chiari argomenti scientifici”, ha aggiunto Baconschi, sottolineando che in tal senso „un eccellente esempio è il libro presentato oggi”.
L’autore e gli storici presenti hanno sottolineato l’importanza della ricerca negli archivi comunisti per capire il processo di ingegneria etno-culturale che ha tentato di accreditare la teoria del „moldavismo”, nonché lo scopo politico e ideologico di questo iter. La Romania fu il primo stato ad aver riconosciuto l’indipendenza della Moldova, nel 1991, ha sottolineato da parte sua il segretario di stato Bogdan Aurescu, ricordando la comunanza di cultura, tradizioni, storia e lingua, e il sostegno di Bucarest all’avvicinamento di Chisinau all’Ue. Il „moldavismo” è stato concepito come strumento della diplomazia sovietica per contestare l’integrità territoriale della Romania dopo la Grande Unità del 1918, al fine di strappare la Bessarabia dal territorio romeno, ha aggiunto Bogdan Aurescu.
Da parte sua, l’autore del volume, il prof. Gheorghe E. Cojocaru, ha sottolineato che le autorità di Chisinau manifestano nella relazione con la Romania un’apertura senza precedenti negli ultimi 20 anni, apprezzando il sostegno di Bucarest. „Abbiamo bisogno di questo sostegno di Bucarest”, ha detto lo storico, spiegando che la gente ha „buone aspettative” dalla visita che il capo dello stato romeno Traian Basescu farà la prossima settimana a Chisinau.

La Transnistria
La regione separatista della Transnistria, situata nell’est della Moldova di oggi, dalla quale la separa il fiume Nistro, fu costituita da Stalin nel 1924, col nome di Repubblica autonoma sovietica socialista moldava, all’interno dell’allora Repubblica sovietica socialista dell’Ucraina (Rssu). Successivamente, nel 1940, quando a seguito del Patto Ribbentrop-Molotov del 1939, l’odierna Moldova (allora territorio romeno) fu strappata alla Romania dall’Unione sovietica, Stalin unificò la Moldova con una parte dell’allora Rassm, sotto il nome di Repubblica sovietica socialista moldava con capitale a Chisinau. L’altra parte della Rassm restava alla Rssu. A settembre 1990, ancora prima dello smembramento dell’Urss e della dichiarazione di indipendenza della Moldavia nel 1991, per paura di una possibile riunificazione della Moldova con la Romania, le autorità russofile di Tiraspoli, capitale della Transnistria, hanno proclamato la “Repubblica moldava sovietica socialista del Dniester”, mai riconosciuta dalla comunità internazionale. Nel 1992 è scoppiata la guerra civile tra Moldova e Transnistria, che ha provocato circa 1.500 morti. Da allora, col sostegno della 14/a armata russa, la Transnistria è uscita di fatto dal controllo delle autorità di Chisinau.

martedì 20 settembre 2011

Tiraspolul reactioneaza la unele declaratii facute de Iurie Leanca la Bucuresti.

Tiraspolul cere tarilor-garant din procesul de reglementare transnistrean sa determine Chisinaul sa nu mai faca presiuni asupra regiunii, dupa ce ministrul Iurie Leanca a declarat saptamana trecuta la Bucuresti ca exista "anumite parghii si posibilitati" pentru a modifica "gandirea" Tiraspolului.
Autoritatile de la Tiraspol considera important ca partenerii internationali sa poata "corecta viziunile" politicienilor moldoveni, care "presupun ca in secolul XXI se poate impune altui popor idei si viziuni sau sa-si atinga scopurile prin presiuni si blocade", se arata intr-o replica a diplomatiei de la Tiraspol.
"Se pare ca Chisinaul continua sa presupuna ca noile masuri de blocada vor putea schimba dialogul constructiv, egal si reciproc avantajos ale celor doua parti ale conflictului, care este sustinut de garantii, mediatorii si observatorii in reglementare", afirma un comunicat al transnistrenilor.
Diplomatia din regiunea transnistreana mai spune ca "daca Chisinaul nu are suficiente argumente pentru un dialog politic constructiv, aceasta nu inseamna ca partenerii externi vor intregul arsenal de presiune asupra Transnistriei, la solicitarea R.Moldova".
In declaratia diplomatiei de la Tiraspol se mentioneaza, de asemenea, ca o asemenea pozitie "nu este ceva nou si reflecta pe deplin abordarile traditionale ale autoritatilor R.Moldova fata de reglementare (conflictului transnistrean -n.r.), care nu depind de conjunctura politica".

Ministrul de externe al R. Moldova, Iurie Leanca, a declarat saptamana trecuta, la Bucuresti, ca a venit momentul ca Tiraspolul sa inteleaga ca exista o alta gandire si alte realitati in afara Transnistriei, aratand ca exista "anumite parghii si posibilitati de a le mai modifica putin gandirea si viziunea".

Intrebat daca exista premisele reluarii discutiilor oficiale in formatul 5+2 privind conflictul transnistrean dupa reuniunea din 21 iunie de la Moscova, in conditiile in care Tiraspolul continua sa denunte lipsa de vointa politica a Chisinaului, ministrul Iurie Leanca a declarat, pentru NewsIn, ca pozitia Tiraspolului este cunoscuta de Chisinau si, din pacate, nu se simte nicio modificare.
"Mai ziceam cu alte ocazii ca Tiraspolul inca nu a iesit din transeele Razboiului Rece, ca inca se afla ca maniera de gandire si reflectie in anul 1992", a spus seful diplomatiei de la Chisinau. El a apreciat ca a venit momentul ca Tiraspolul sa inteleaga ca exista o alta gandire si alte realitati in afara Transnistriei.
"Eforturile noastre din 2009 si 2010 de a edifica un climat bazat pe incredere au avut efecte limitate. Si e nevoie sa se inteleaga ca Transnistria nu este pe o alta planeta, intr-un vacuum, e in anumite conditii. Au comert exterior, au interese, obligatiuni, ceea ce inseamna anumite parghii si posibilitati de a le mai modifica putin gandirea si viziunea. De asta avem nevoie de sprijinul partenerilor nostri din afara", a aratat ministrul de externe al R. Moldova. Totodata, Chisinaul considera ca discutiile oficiale in formatul 5+2 in vederea solutionarii conflictului transnistrean trebuie sa inceapa fara preconditii.
Reactia diplomatiei de la Chisinau intervine si pe fondul unui incident diplomatic petrecut vineri la Chisinau, dupa ce diplomatii R. Moldova au parasit receptia organizata de Ambasada Rusiei la Chisinau cu ocazia Zilei Nationale, dupa ce ambasadorul rus Valeri Kuzmin l-a prezentat oficial pe Vladimir Iastrebceak drept sef al diplomatiei transnistrene.
Potrivit unor surse, gestul diplomatilor moldoveni ar fi fost urmat si de diplomati americani si europeni. 
Sursa: NewsIn 

lunedì 12 settembre 2011

La moldavia ha vent'anni.

LA MOLDAVIA HA VENT'ANNI
Il 27 agosto la Repubblica di Moldavia ha compiuto vent'anni. Presi come siamo da tutto quello che sta accadendo in Medio Oriente e nord Africa e con l'attenzione sempre puntata sui Balcani e sulla Turchia, ci siamo dimenticati dell'anniversario dell'indipendenza di questa piccola repubblica nata dal crollo dell'Urss, le cui vicende sono invece interessanti per capire le dinamiche messe in moto dalla fine dei regimi comunisti nell'Europa centro e sud-orientale e anche per vedere alla prova l'attuazione del progetto politico dell'unione degli Stati e dei popoli europei.
Dopo venti anni di indipendenza - per un Paese che indipendente davvero non lo è mai stato - la Moldavia non ha ancora risolto i suoi problemi di identità: una parte della popolazione si sente romena, l'altra moldava; la società è divisa fra chi vuole entrare nell'Unione Europea e chi preferirebbe un'alleanza strategica con la Russia, con una parte consistente dell'opinione pubblica che però vede favorevolmente entrambe le alternative. L'attuale Parlamento ha una maggioranza liberale, che però non ha abbastanza voti per eleggere da sola il presidente: il Partito comunista, che dopo otto anni di governo è attualmente all'opposizione, osteggia infatti ogni candidato della "Alleanza per l'integrazione europea". Un'impasse che dura da oltre due anni e della quale non si vede al momento una soluzione.

Dal giorno dell'indipendenza, circa 600mila cittadini moldavi hanno cercato fortuna altrove, e solo nell'ultimo anno, nel Paese sono affluite rimesse per circa 1 miliardo e 250 milioni di dollari, l'equivalente del bilancio annuale dello Stato. Il Paese resta, per ora, uno dei più poveri d'Europa, mentre le prospettive di integrazione nell'Ue sono ancora molto fragili.
Il Paese è infine segnato dalla questione della Transnistria, la regione a est del fiume Dnestr che apparteneva all'Ucraina e che due giorni prima della dichiarazione di indipendenza dichiarò la secessione e ora gode del sostegno della Federazione russa anche se nessun governo, nemmeno quello di Mosca, lo riconsce. Una disputa che né il conflitto armato, né i negoziati diplomatici hanno saputo risolvere, mentre la Transnistria è diventata il crocevia di traffici illeciti di ogni tipo.
Il governo di Chişinău ha voluto festeggiare il ventennale dell'indipendenza organizzando una parata militare con la presenza dei cinque presidenti eletti in questo primo ventennio di libertà della sua storia. Secondo l'attuale premier Vlad Filat, la più grande conquista del Paese è stata la libertà, il che è certamente un'importante voce all'attivo, ma il bilancio complessivo di questi venti anni presenta anche luci, ombre e  ancora troppe contraddizioni.

Sulla Moldavia a venti anni dall'indipendenza segnalo l'articolo di Natalia Ghilascu pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso da cui ho tratto la sintesi precedente.
http://it.paperblog.com/la-moldavia-ha-vent-anni-570245/
LA MOLDAVIA HA VENT'ANNI

domenica 4 settembre 2011



I PROBLEMI IRRISOLTI DELLA MOLDOVA 
Luciano Larivera S.I.
Il Paese più povero d’Europa è la Moldova, la quale però occupa una posizione geografica strategica. Dal 1990, la Transnistria ha attuato una secessione, non riconosciuta neanche da Mosca, che però l’ha accettata come un suo protettorato de facto. Un ulteriore handicap della Repubblica di Moldova è la cronica contrapposizione partitica interna. Anche questo indebolisce la posizione negoziale di Chi?in?u nei confronti della Russia e dell’Ue, nella quale il Governo in carica aspira a fare entrare il Paese. Tuttavia, anche se il 70% dei moldavi è interessato all’ingresso nell’Ue, questo non significa che il Paese non sia spaccato in due. Il voto, infatti, segue spesso linee etniche o linguistiche. Così il Partito comunista filo-russo è molto forte. Di conseguenza, da quasi tre anni il Parlamento è incapace di eleggere il Presidente della Repubblica.