CUM NE PREGATIN NOI DE REFERENDUM???

CUM NE PREGATIN NOI DE REFERENDUM???
http://www.timpul.md/articol/cum-ne-pregatim-noi-de-referendum-14868.html

mercoledì 16 settembre 2009


Bye bye comunisti .


Ormai confinati in poche province, gli orfani del regime sovietico lasciano il posto a una nuova Moldova. Che guarda a Occidente .

Ha annunciato le dimissioni e sarebbe pronto a fare le valigie. «Resto un semplice deputato», ha dichiarato Vladimir Voronin proprio il giorno della festa dell’Indipendenza moldova, il 25 agosto scorso. Voronin, ultrasettantenne ex capo di Stato della piccola repubblica ex sovietica nonché leader del locale Partito comunista non può essere ricandidato alla prima carica del paese secondo le leggi vigenti. Non si tratta solo di stanchezza. I giornalisti bene informati di Chisinau aggiungono anche che l’ex leader starebbe già preparandosi a un dorato esilio moscovita. Che la villa di Condrita, sicuro rifugio del premier, sarebbe già stata svuotata di tutte le ricchezze accumulate in otto anni di potere assoluto dagli uomini della sicurezza: «Il leader è stanco, sa che il suo tempo è passato. Non ha neppure ottenuto le garanzie che si aspettava dal capo del governo russo Medvedev, nell’ultimo vertice di Soci», spiega Val Butnaru, direttore del Jurnal de Chisinau e accreditato intellettuale locale. «I russi – continua – hanno detto apertamente a Voronin di essere disposti a dialogare con qualsiasi governo venga fuori da queste ennesime elezioni del 29 luglio. Chi ha orecchie per intendere, intenda. E senza l’aperto sostegno russo, ai comunisti moldovi restano molte meno carte da giocare sul tavolo», chiarisce Butnaru. Ai russi interessa molto di più che sopravviva l’enclave transnistriana: la Moldova potrebbe anche passare sul fronte occidentale o mantenere perlomeno una posizione neutralista.
L’ex Bessarabia, russofona e romanofona insieme, sembra dunque svoltare ad Ovest, dopo due elezioni, entrambe invalidate con cavilli burocratici dai comunisti. L’ultima tornata, però, il 29 luglio scorso, il giochetto non ha funzionato. Allo spoglio dei voti, al partito è sì rimasta la maggioranza relativa, con il 44 per cento dei consensi, ma ora i comunisti devono fare i conti con l’opposizione di quattro partiti di centrodestra coalizzati. Un disastro per gli eredi di Voronin, guidati dall’ideologo Marc Tcaciuk, che miravano a dividere i moderati ed esprimere ancora il nuovo presidente. Niente da fare: anche nella sonnolenta Moldova, si cambia davvero. Che la situazione stesse mutando, del resto, lo si era capito da molte avvisaglie: ultimi ma non secondari, i moti del 7 aprile scorso, con gli studenti che hanno assaltato il palazzo del governo protestando per l’immobilismo dei politici e del primo ministro Zinaida Grecianii di fronte alla crisi economica. Tre morti alla fine degli scontri e le accuse dei comunisti che ad organizzare i tumulti siano stati i servizi segreti rumeni. Anche gli intellettuali alzano la testa: il loro simbolo resta Grigori Vieru, scrittore scomparso appena un anno fa. Ma un po’ tutta l’intellighenzia moldova, nel cinema, nel teatro, nella musica, guarda ad Ovest: «Veniamo da una pazienza eterna – spiega a Tempi Dumitru Crudu, della rivista Stare de Urgenta – e abbiamo imparato a sopravvivere in decenni di censura. Non credo che il vero problema sia l’identità moldova: se siamo, in altre parole, più russi o rumeni come popolo. Il problema è la voglia di libertà, e di miglioramento economico, che il governo di Voronin non riesce più a garantire». Crudu ha dedicato l’ultimo libro, Macello in Georgia al conflitto caucasico, conosce bene le realtà dell’ex impero sovietico. «Non bisogna spezzare la realtà in due – aggiunge l’avvocato Eduard Digore. Moldovi tutti anticomunisti o tutti filorumeni? Non direi. Certo, in ogni caso, tutti filoeuropei».
Agli eredi della falce e martello resta qualche consenso nelle province, in città come Balti o Cahul, ma la capitale è saldamente in mano alla nuova generazione di politici: tutti schierati verso Occidente. A cominciare da Dorin Chirtoaca, 32 anni, giovane e dinamico sindaco. Proseguendo con Marian Lupu, conservatore, e soprattutto con Vlad Filat, 45 enne leader del Partito liberaldemocratico e uomo di punta dello schieramento moderato. Per frenare in qualche modo “il cambio”, i comunisti hanno tentato il ricorso alla Corte Costituzionale (che
l’ha respinto la settimana scorsa) sulla presunta illegalità delle elezioni e l’abbandono del Parlamento. Un Aventino che non cambia comunque le carte in tavola e che comunque non ha impedito all’alleanza moderata di eleggere il nuovo speaker del parlamento, Mihai Ghimpu, del Partito liberale. «Assistiamo a una transizione lenta ma inesorabile – spiega a Tempi l’ambasciatore d’Italia Stefano De Leo – gli artifizi o i cavilli giuridici non possono bloccare la svolta».

Badanti, manovali e vino.
Intanto, pacifici ma non abulici, i 3 milioni e mezzo di moldovi stanno a guardare le manovre del palazzo. Banalizzando, si potrebbe dire che il paese esporta badanti, manovali e vino. Quasi ogni famiglia moldova ha un parente che lavora all’estero: Italia in primis, dove la colonia di emigrati raggiunge le 400 mila persone, ma ci sono moldovi anche in Francia e Spagna. Le rimesse di questi migranti sono decisive per mantenere l’economia locale, come spiega monsignor Cesare Lodeserto, della fondazione Regina Pacis: «Non solo rimesse. Gli aiuti dei governi europei stanno aumentando decisamente. Parlo di aiuti in denaro, ma anche di aiuti in infrastrutture: strade, ponti, vie di comunicazione. Sostegni che, soprattutto fuori dalla capitale, sono preziosi per alzare il livello di vita della popolazione». Lo stipendio medio a Chisinau è di 200 euro, mentre in periferia si può anche sopravvivere con ottanta euro. I pensionati usano lo scambio in natura: polli e oche in cambio di legna per passare un inverno tranquillo. «Un’altra dimensione di vita. Dove però i valori umani restano molto forti. Come fondazione e come Chiesa cattolica lavoriamo naturalmente per il ricongiungimento delle famiglie – continua il monsignore –, ma anche per favorire il lavoro stagionale come forma di sostentamento. L’unica soluzione che permetta di non interrompere il legame fra genitori e figli, che permetta ai migranti di riportare in patria le conoscenze, artigianali e professionali, accumulate da noi in Italia». Se la capitale dell’ex “vigneto dell’Unione Sovietica” raggiunge il milione di abitanti, le campagne restano semiabbandonate. Bambini e vecchi pagano il dramma di una nazione che perde il cuore della propria forza lavoro. Intendiamoci: non è in discussione il sostentamento. Non si muore di fame in Moldova. Il problema resta l’educazione, la guida di una generazione abbandonata a se stessa.
Ernesto Massimetti 15/09/2009

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